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i documenti di LA VIA CAMPESINA
Proposte per una Carta della SOVRANITA' ALIMENTARE in ITALIA

1) Fermare la deriva alla concentrazione fondiaria e rilanciare la piccola agricoltura.
In Italia 40.000 aziende (il 2,38% del 1,7 milioni totali) con taglia superiore a 50 ettari (ha), coltivano il 40% delle terre, cioè si è arrivati ai livelli di stati ex-coloniali dell'America Latina (Brasile e Argentina in primis). Certo non ci sono i grandi latifondi, che arrivano a varie centinaia di migliaia di ettari in quelle nazioni, ma la tendenza è pessima, dato che il 77,4% delle aziende, con meno di 5 ha, interviene solo sul 15,6% della superficie coltivata (SAU).
Dal 1960 ad oggi le aziende italiane sono diminuite del 40%, dell'80% quelle con meno di 2 ha, mentre il numero di quelle con più di 100 ha è pressoché invariato (circa 20.000).

2 ) Ritornare ad essere autosufficienti nella produzione di grano.
Attualmente importiamo il 30% di grano duro (che va nella pasta made Italy!) e il 55% di grano tenero. La superficie coltivata a grano (duro e tenero) è passata dai 4,5 milioni di ettari del 1960 ai 2, 5 milioni ha attuali, con una produzione di 7 milioni di tonnellate (T).
La superficie coltivata a mais, quasi tutta nel Nord e ad uso mangime, è salita a 1,2 milioni di ha, con una produzione di 10 milioni di T.
Nel Nord è praticamente scomparso il grano duro, fenomeno favorito dall'introduzione del disaccoppiamento nella PAC (Piano Agricolo Comunitario UE) del 2004.
Importiamo grano da vari paesi, in particolare Messico, Turchia, Ucraina, Russia (ecc), paesi dove i controlli sono spesso assai minori.
La attuale situazione della Russia, con il blocco dell'esportazione di grano, deve far capire la necessità della sovranità alimentare sugli alimenti identitari di ogni popolo.

3) Ridurre gli allevamenti di carne intensivi, riconvertire i mangimi OGM e aumentare le superfici a pascolo e a riposo.
In Italia si allevano 6,3 milioni di bovini, 9 milioni di suini, 12 milioni tra ovini e caprini, 500 milioni di polli da carne, 50 milioni di ovaiole. Il 67,1% dei bovini e bufalini, il 85,9% dei suini e il 79,8% dei capi avicoli è allevato nel Nord.
Ogni anno gli allevamenti italiani consumano 3,5 milioni di T. di farina di soia Ogm, una quota pari al 25% del fabbisogno totale (14,5 milioni di T., di cui 10,5 milioni di mais) necessario per nutrire bovini, suini, polli e tacchini.
Questi numeri sono insostenibili, non solo dal punto di vista ambientale (emissioni gas serra e inquinanti vari), ma anche dal punto di vista sociale e economico, dato che i produttori non rientrano più nei costi, soprattutto per il prezzo dei mangimi e per la concorrenza neoliberista, che fa chiudere aziende e perdere posti di lavoro.

4) Ridurre il consumo di carne e l'uso di fertilizzanti.
Negli anni ’50 il consumo di carne in Italia era di 18 kg/anno/persona, oggi è di circa 85 kg.
La Pianura padana è tra le prime 5 regioni al mondo per l'inquinamento dell'aria; questo tipo di agricoltura e zootecnia industriale ha già distrutto gran parte della fertilità della terra; è aumentato il consumo di fertilizzanti e di acqua, usati in buona parte per produrre mangimi per animali. Il cerchio si è chiuso.
E' un percorso del tutto insostenibile, è saltato anche il ciclo dell'azoto, come ha denunciato Gianfranco Bologna del WWF su GreenReport del 6 agosto 2010, e la natura non riesce più a metabolizzare l'enorme quantità di azoto prodotta industrialmente e usata in Agricoltura.
Gli effetti inquinanti sulle acque, ad es. l'eutrofizzazione, sono devastanti.

Questi elementi, in particolare il 3 e il 4, riguardano anche il tavolo della Sovranità Energetica, che deve porsi prioritariamente il problema del riscaldamento globale, non solo quello dell'autosufficienza alimentare.

Comitato Italiano Amig@s MST -Movimento Sem Terra