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Cibo spazzatura: quale realtà in Italia e nel Mondo

relazione di

Antonio Lupo – medico, Comitato Amig@s Sem Terra Italia


Ritengo che il Cibo Spazzatura sia l'estrema degenerazione dell'unione fra agricoltura e produzione industriale di cibo con il modello consumista e lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali.
Il termine cibo spazzatura (junk food o trashfood), comunemente riferito a qualsiasi alimento o bevanda ad alto contenuto calorico ma di scarso valore nutrizionale, fu coniato nel 1972 da Michael Jacobson, direttore del Center for Science in the Public Interest di Washington, USA.

Ritengo importante che si sottolinei lo scarso valore nutrizionale di questo tipo di cibo, in particolare della mancanza assoluta, in questo tipo di alimentazione, dei fattori di prevenzione.
Il prof. Umberto Veronesi (purtroppo sostenitore anche del nucleare e degli OGM!) non si stanca mai di richiamare il nesso tra tumori e cibo, spiegando che “i carnivori si ammalano di più e spesso muoiono a causa del loro tipo di alimentazione“ ( Repubblica 28 gennaio 2011) e che “in futuro la ricerca dovrà cercare i principi preventivi del cancro nei cibi, perchè molti principi naturali protettivi sono contenuti nei vegetali e nella frutta (Repubblica 8 dicembre 2010).
E se l'Università di Oxford ci dice che prendere un'Aspirina al giorno per 5 anni riduce l'incidenza dei tumori del 20%, il professor Berrino, l'illustre epidemiologo, che oggi partecipa a questo Convegno, osserva che non è necessario prendere l'Aspirina, che può provocare emorragie, perchè il metabolita dell'Acido Salicilico è presente in molti cibi vegetali, basta consumarli regolarmente.

I Cibi spazzatura hanno in genere un alto contenuto di grassi, al fine di ingannare col loro gusto il palato e nascondere la qualità del cibo.

Merendine, patatine e snack:
Merendine, patatine, biscotti, grissini e tutta la compagine di prodotti da forno di produzione industriale contengono notevoli quantità di grassi dannosi per la salute, i grassi saturi e quelli idrogenati (detti trans).

Cibo da fast food (panini, patatine fritte, bibite ecc.):
L’impasto del pane utilizzato per i panini contiene zucchero.

La carne utilizzata non è certo tutta di grande qualità.

Negli allevamenti intensivi di polli da carne è usuale l'uso di antibiotici per l'intero tempo di allevamento, tranne un periodo di sospensione prima di ammazzare l'animale, per non farne trovare tracce nelle analisi.
Al danno provocato dagli zuccheri dell’impasto e dalle grandi quantità di carne contenute nei panini si aggiungono poi quelli delle varie salse da condimento, maionese in testa, delle enormi quantità di patatine fritte, abbondantemente addizionate di sale e dei bicchieroni di bibite (composte di acqua con l'aggiunta di bollicine, coloranti, zucchero o edulcoranti artificiali, additivi e acido fosforico), che accompagnano i menù di tutti i fast food del Mondo.
Le patatine da fast food sono croccanti fuori e morbide dentro. Per ottenere questa consistenza, si usano grassi di origine vegetale, ma molto ricchi di grassi saturi come gli oli di palma e di cocco.
Il consumo eccessivo di questo tipo di alimenti rappresenta la prima causa di sovrappeso e obesità (secondo l’ultima indagine “Okkio alla Salute” del Ministero della Salute, più di un bambino su tre di età compresa tra i 6 e gli 11 anni pesa troppo).
Molte popolazioni sono sopravvissute per secoli mangiando per tutta la vita solo due/tre pietanze. Pochi piatti, ma sani e completi. Per esempio gli asiatici si sono sempre nutriti di riso e soia, i giapponesi di pesce, i popoli dell’America latina di manioca, quelli dell’Africa del Nord di legumi e cereali. Colesterolo, obesità, diabete, non erano conosciuti da questi popoli.
Nel 1960 un italiano mangiava 18 kg. di carne l’anno, oggi ne mangia 90 kg (negli USA 120!).
Questo aumento non fa bene alla salute ed è del tutto insostenibile per l'ambiente.
Il fenomeno obesità, che è una malattia in sé, è più marcato in Nord America e in Europa: negli Stati Uniti il 65% della popolazione è soprappeso, e la percentuale di obesi raggiunge il 32%.
Per questo il termine cibo spazzatura è nato lì, purtroppo non si è ancora diffuso in Italia, dove è soprappeso (purtroppo anch’io) solo (!) il 34% della popolazione adulta, di cui il 9% obesa.
Si calcola che nel Vecchio Mondo i sovrappeso siano circa 400 milioni, di cui 130 milioni obesi.
Ricordiamo che in Europa sono permessi più di 300 additivi alimentari, dai coloranti naturali e artificiali fino agli esaltatori di sapidità (con la sigla da E620 a E640), come il glutammato e l'aspartame, eccitotossine presenti in moltissimi alimenti e accusate da molti di essere tossiche.
C'è anche una sostanza cancerogena: l'Acrilamide.
L’acrilamide è una sostanza chimica prodotta dai cibi ricchi di carboidrati, quali le patatine fritte, quando vengono portati a temperature elevate.
Scoperta nel 2002 da alcuni ricercatori svedesi, ad alti dosaggi è causa di cancro e danneggiamenti agli organi riproduttivi. Scienziati inglesi, svizzeri e giapponesi sono giunti alla medesima conclusione.
La Food and Drug Administration (FDA), assieme all'Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), guardano a tale sostanza con “preoccupazione”.
L’acrilamide è stata trovata in gran quantità sia nei punti vendita McDonald’s che Burger King; tale sostanza chimica si sviluppa per esempio quando si gira l’alimento su entrambi i lati per raggiungere l'effetto “crosticina croccante”: più è alta la temperatura, più l’alimento diventa croccante e più acrilamide si sviluppa.Per questo motivo sia McDonald’s che Burger King sono stati citati in giudizio. (Starre Vartan http://www.alternet.org/story/18841).


Il Marketing dell’industria alimentare

Aumento dell’obesità infantile e marketing del “cibo spazzatura” sono legati a filo doppio, come confermano gli studi più autorevoli.
Negli USA si stima che l’industria alimentare spenda in pubblicità oltre 10 miliardi di dollari l’anno, e la maggior parte di questa spesa è concentrata su cibi non salutari.
L'indipendente Institute of Medicine statunitense nel suo ultimo rapporto sugli effetti del marketing degli alimenti per bambini conclude che, bombardati dai messaggi pubblicitari, a partire dai 2 anni di età i bambini americani ricordano il nome dei prodotti, preferiscono gli spot del junk food, non danno requie ai genitori finché non acquistano i loro prodotti preferiti, e consumano junk food in proporzione all’intensità della pubblicità.
E i genitori che frequentano supermercati con i propri figli sanno che il junk food è sistemato alla portata dei bambini o vicino alle casse!

La televisione, soprattutto le reti commerciali, sono un forte veicolo di induzione al consumo di junk food , ma ci sono altre forme di pubblicità che stanno prendendo sempre più piede: sulla stampa, a scuola, nello sport, su internet, nascosta nei video giochi, giocattoli, canzoni, cartoni animati, film e materiale educativo.
Oltre i 12 anni, quando i ragazzi hanno già sviluppato la capacità di discriminare i contenuti commerciali e iniziano a considerare criticamente gli input che ricevono, le strategie pubblicitarie diventano molto più sofisticate. In generale tendono a legare gli adolescenti al “brand”, attraverso la promozione di stili di vita, mostrando personaggi famosi che usano quella marca, con gli sms, o attraverso gruppi di coetanei pagati dalle aziende per diffondere informazioni sui prodotti senza che gli interlocutori capiscano che si tratta di pubblicità (il “marketing virale”).

Vi sono state invece diminuzioni del consumo di junk food nei Paesi, tra quella cinquantina dove si è legiferato in materia, con norme più rigorose: in Australia (proibita qualsiasi pubblicità di alimenti per i minori di 14 anni), Olanda (bandita la pubblicità dei dolci per i minori di 12), Svezia (non è permesso usare personaggi dei cartoni animati per la pubblicità) e Norvegia (proibita qualsiasi forma di pubblicità rivolta ai bambini).
La tendenza a imporre regole si diffonde soprattutto nei Paesi ricchi, ma è purtroppo lontana dal decollare in quelli emergenti, alcuni dei quali (come Cina, India, Brasile, ecc.) non solo rappresentano il far west per le multinazionali del junk food e del marketing, ma presentano anche le più alte velocità di crescita dell’epidemia di obesità.


I prezzi stracciati

L’invasione del mercato alimentare con prodotti di scarsa qualità, ma comunque invitanti perché confezionati in modo pratico, già pronti, addirittura cotti e conditi (take away) e l’assenza di un’adeguata informazione, che metta in guardia il consumatore sui rischi di un’alimentazione basata sui prodotti confezionati, hanno portato le persone, ignare ma allettate dalla pubblicità e forti di un crescente potere d’acquisto, a comprare pressoché tutto ciò che viene proposto.
Questo meccanismo, da noi in atto già da decenni, si sta replicando ora, a velocità spaventosa, nei Paesi in via di sviluppo dove l’innalzamento generale del reddito pro-capite e la migrazione massiccia verso le città permettono a persone fino a ieri vissute di agricoltura nel proprio villaggio di acquistare grandi quantità di cibo, scadente e a buon mercato, nei supermercati delle metropoli. Si pensi al Messico, all’Argentina, al Brasile, alla Cina e all’India.
Le catene della grande distribuzione attuano una politica di prezzi estremamente aggressiva, esasperando l’abbattimento dei costi con salari bassissimi ai lavoratori e margini altrettanto miseri per i produttori, ai quali impongono a volte anche i tipi di mangimi (OGM) per gli animali o i fertilizzanti per le coltivazioni.

Nei Paesi in via di sviluppo persone con redditi modesti stanno avendo improvviso accesso a questo cibo ipercalorico a buon prezzo, e non esitano ad abusarne, attratti dalla novità dei sapori, dalla praticità dei cibi pronti, e forse da un desiderio di riscatto rispetto alle ristrettezze patite in precedenza. Il risultato? Le persone obese sembrano aver raggiunto in questi Paesi percentuali elevatissime, prossime a quelle degli USA! Nel 2005 l’OMS registrava che più del 75% delle donne era in sovrappeso in 20 Paesi tra cui, con gli USA, Sudafrica, Giamaica, Giordania e Nicaragua.
L’aumento dell’obesità si sta registrando proprio nei Paesi con un basso livello di istruzione e nelle fasce sociali basse.
La vendita di prodotti trasformati nei Paesi a reddito medio-basso aumenta del 30% ogni anno.
Pietanze già pronte, bibite gassate, hamburger, dessert preconfezionati sono protagonisti di un’inarrestabile ascesa di vendite in America Latina, Europa dell’Est e Asia. In mancanza di redditi sufficienti per comprare frutta e verdura, le famiglie più modeste fanno scorta di zuccheri, carboidrati, oli e altri alimenti trasformati, molto energetici e a buon mercato.
I grassi saziano lo stomaco a basso prezzo.

Anche le mense – sia quelle scolastiche che quelle aziendali - non sono da meno: le ditte vincono l’appalto in base al prezzo più vantaggioso e l’imperativo è abbattere i costi.

Dunque sovrabbondanza di oli, burro e altri grassi per mascherare cibi e verdure senza sapore, uova, formaggi e carni provenienti da allevamenti intensivi, disumani in molte realtà del mondo.

Il palato si fa dunque ingannare, il portafoglio pure, soddisfatto dal risparmio spesso sorprendente: crostate e pacchi di biscotti e merendine a 1 euro, polli a 2 euro, uova e carne sempre più a buon mercato.


Palatabilità e dipendenza: cosa spinge a ipernutrirsi di cibo spazzatura?

Una ricerca svolta presso l’Istituto Scripps di Jupiter, in Florida (Johnson, Paul M.; Kenny, Paul J. (2010). “Dopamine D2 receptors in addiction-like reward dysfunction and compulsive eating in obese rats".Nature Neuroscience ) ha dimostrato che il junk food agisce come una vera e propria droga sull’organismo, inducendo in chi ne consuma abitualmente una dipendenza paragonabile a quella di una sostanza stupefacente qualsiasi.
Il Professore David Kessler, ex commissario della Food and Drug Administration statunitense, ha scritto un libro “Perché mangiamo troppo (e come fare per smetterla)” ed. Garzanti (“The End of Overeating” ed. Peguin), in cui denuncia l'”iper-palatabilità”, una nuova e amplificata sensibilità ai gusti arricchiti con sali, zuccheri e grassi da parte dei produttori di cibo, cioè cibi per creare dipendenza, arricchiti di sali, grassi e zuccheri “così buono che se ne vuole ancora”, in inglese si dice flavour “moreish”.
Esiste quindi una strategia del super-consumo, perché è l’incontro con il palato del consumatore a decretare il successo o il fallimento di un cibo in fase di vendita. Per questo chimici e ricercatori lavorano per migliorare – e potenziare – l’esperienza di gusto dei propri prodotti.
Ma questa tendenza è stata portata all’eccesso, sostiene il professor Kessler, proprio come avvenne con le sigarette “potenziate” con ammoniaca e altri additivi, per aumentare la voglia di fumarne ancora, denuncia che non abbandona i produttori di sigarette dal 2005 in poi.
E l’eccesso guida i consumatori a ricercare non solo la gioia del gusto, ma quella di un’esperienza innaturale, chiamata da Kessler della “iper-palatabilità”.


I cibi arricchiti

Per raggiungere lo scopo vengono utilizzate tecniche diverse.
La prima e più comune
è quella di “aumentare” gli ingredienti delle pietanze con sali, zuccheri e grassi per renderli più appetibili al palato.

La seconda è quella di creare una nuova esperienza di masticazione: se i cibi sono facili da masticare e deglutire, si avrà voglia di buttar giù velocemente un secondo boccone, diventando un popolo di “ruminanti, come Matthew Difrisco, analista dei consumi, ha definito qualche anno fa gli Americani, che masticano snack dalla mattina alla sera, saltando i pasti e senza sedersi più a tavola.

Questi accorgimenti stimolerebbero i nostri recettori nervosi esattamente come avviene con l’assunzione degli oppioidi (come la morfina), causando la dipendenza da cibo e conseguente sovrappeso. Lo confermano alcuni studi sull'uomo che hanno visto che il naloxone, sostanza usata per trattare la dipendenza da eroina bloccando il release di oppioidi a livello cerebrale, può ridurre il desiderio irrefrenabile di cibo.
Proprio per combattere questa malattia, l’università di Yale ha creato la Yale Food Addiction Scale, utilizzata dai medici statunitensi soprattutto per il controllo dell’obesità infantile.
La scala parte da un questionario e riconosce tra i consumatori quali sono a rischio sovrappeso a causa di una sensibilità maggiore a queste sostanze arricchite e quali no.


L'aumento delle porzioni e delle calorie

L'epidemia di obesità da Cibo Spazzatura è legata soprattutto alla quantità di calorie ingurgitate
con il cibo spazzatura mangiato fuori casa e in branco (fast food), ma anche quello in confezioni (snack, merendine, bibite, ecc.), mangiato compulsivamente da soli (ne consumano di più i figli unici!), sdraiati davanti alla TV o con un videogioco in mano.
In America le dimensioni di un hamburger da fast food sono cresciute del 600 per cento nel corso degli ultimi trent'anni, e una bibita grande sfiora oggi i due litri e le 800 calorie.
Anche in Italia non c'è da stare allegri: «Uno degli ultimi panini di McDonald, ora non più sul listino, era il "280 grammi" in nome del suo peso, valeva ben 650 calorie», come ha affermato Oliverio Sculati, nutrizionista Asl di Brescia, ricordando che «In generale negli ultimi anni tutte le porzioni - panini, bibite, patatine, frappè - valgono 30-50 calorie in più rispetto al passato». Lo stesso vale per i gelati maxi.

Oltre alle dimensioni, sotto accusa sono i contenuti nutrizionali di ciò che mangiamo.
Le associazioni dei consumatori chiedono che i fast food espongano con evidenza i contenuti nutrizionali dei cibi che offrono: permettendo per esempio di scoprire che un pasto completo al fast food (cheeseburger, patatine, bibite e dessert, in porzioni maxi) può arrivare a 2.400 calorie e circa 120 grammi di grassi.
E gli hamburger? Contengono carne (in genere meno della metà del peso del panino, nota un'indagine di Altroconsumo), con salse e formaggio, con un apporto di grassi, in maggioranza saturi, che può superare l'11% del peso del panino.
E le aberrazioni sono già arrivate in periferia, anche nelle piccole città, come a Chiavari, dove abito. Il menù di febbraio di Gogo Burger Fast Food www.gogoburger.com si chiamava Menù XXL, cioè comprendeva The Big Big Burger (3 Burger - fontina - cotto - pomodoro - lattuga - maionese e ketchup) + Stick di pollo + Bibita a scelta per euro 6,90!!!!
Cosa si voleva comunicare con Menù XXL? Un menù per non far dimagrire gli obesi? Oppure il menù per curare gli anoressici? In realtà era il menù per fare diventare obesi ragazzi normali.
Nel nostro Paese, nelle grandi città oltre il 30% della popolazione sostituisce il pranzo a casa con uno spuntino a base di panini e bevande gassate (il 58% degli italiani ne consuma regolarmente), poco in linea con una corretta alimentazione che deve essere ricca e variata.
Proprio il contrario dei cibi-droga, come possiamo anche chiamare il cibo spazzatura.


Il “Greenwashing” di McDonald’s


Da molti anni la nota scienziata indiana Vandana Shiva denuncia “la McDonaldizzazione del mondo”. Da qualche tempo McDonald's ci vuol convincere che è diventata verde.
A Milano, nel grande McDonald’s situato nell'Ottagono della Galleria, ho trovato un depliant dal titolo “Da McDonald's la Qualità Parla Chiaro”, da leggere con attenzione perché dice e non dice.
Nel depliant si legge che la carne bovina usata è tutta italiana (fornita da Inalca di Cremonini), ma non c'è scritto che la carne non è OGM, mentre sul sito di McDonald’s www.persapernedipiu.info/filiera-e-tracciabilita/la-carne.aspx troviamo che: «La carne che utilizziamo e che ci fornisce Inalca è di qualità: solo 100% carne bovina italiana che proviene da oltre 15.000 allevamenti italiani. I bovini vengono allevati in condizioni che ne garantiscano il benessere, pertanto in spazi che permettano loro di muoversi e di attingere ad acqua e cibo liberamente, e vengono nutriti con erba e cereali, escludendo l'utilizzo di mangimi OGM».
Sullo stesso depliant, riguardo il pollo è scritto in MAIUSCOLO che la carne non è OGM, carne di pollo fornitagli da Amadori (con il simbolo di Amadori ben esposto nel locale).

Come mai McDonald’s non scrive sul depliant che anche la carne bovina è OGM free?
Come mai sul sito del fornitore Cremonini (che deve stare ben attento a non dire bugie per i noti scandali precedenti) non c'è scritto che i loro allevamenti non utilizzano mangimi OGM?
Un forte dubbio rimane, dato che l'85% della soia utilizzata negli allevamenti italiani è OGM, proveniente da Brasile e Argentina: un dubbio rafforzato dal fatto che, di fronte alle nostre ripetute richieste, la COOP che vende nei supermarket anche carne Cremonini col marchio Montana, ci ha risposto che le risultava che le uniche carni non allevate con mangimi OGM, tra le più importanti sul mercato, erano le sue, a marchio COOP, e quelle di Amadori (solo la linea di prodotti 10 e più!).
Da ministro dell'Agricoltura, Zaia ha sdoganato e benedetto la multinazionale USA McDonald's e il suo panino McItaly, perché conteneva CARNE ITALIANA, ma nella pubblicità di allora (né in quella in corso, in cui al centro dell'hamburger si vede lo stivale), non si parlava di mangimi OGMfree, solo di carne italiana. Il nostro non è un dubbio da poco, gli OGM sono i nemici della sovranità alimentare e dei piccoli contadini di tutto il Mondo.
Chiederemo informazioni su questo anche a Zaia, attualmente governatore del Veneto, che è un feroce nemico degli OGM, e che aveva esultato quando erano state distrutte le coltivazioni OGM illegali in Friuli e aveva definito una schifezza la polenta OGM, sponsorizzata da ConfAgricoltura.
Nel depliant McDonald’s conferma la presenza di zucchero nel pane, ma solo un pizzico!
Si legge che per friggere si usano oli vegetali, ma non che sono usati grassi saturi e perfino i grassi idrogenati, quelli già proibiti nei ristoranti della California e di New York, come si vede nelle fotografie prese in un McDonald's di Castelnuovo Scrivia, sull'autostrada Genova-Milano.
Negli Stati Uniti si può dire che questo tipo di cibo, quello dei fast food, è cibo spazzatura: qui in Italia lo possiamo dire o saremo denunciati?


Anche in Italia abbiamo bisogno di nuove leggi per difenderci dal Cibo Spazzatura

In questa nostra Italia da oltre 20 anni dominata dalle televisioni commerciali, possiamo ispirarci alla recente Legge Sanitaria degli Stati Uniti, voluta con forza da Obama.
In precedenza Michelle Obama aveva piantato pomodori e carote nell’orto della Casa Bianca e lanciato la campagna “Let's move” www.letsmove.gov/ , contro il junk food e l'obesità infantile, con la pubblicazione del rapporto della White House Task Force on Childhood Obesity, in cui si voleva ridurre negli Stati Uniti entro il 2030 la percentuale dei bambini obesi dal 20% al 5%.
Obama è riuscito a inserire nella legge sanitaria l’obbligo per le grandi catene di ristorazione (fast food, ristoranti e take away con almeno 20 locali, in tutto circa 200mila esercizi) di indicare accanto a ogni pasto le calorie totali, sperando che molti americani rinuncino a un Big Mac, quando scoprono che contiene 500 calorie, cioè un quarto delle calorie da consumare giornalmente.

La regola dovrebbe applicarsi anche ai distributori automatici (presenti anche in qualche scuola italiana!) che non mostrano l’indicazione delle calorie nella confezione dei prodotti.
La misura entrerà in vigore nel 2012 ed è stata prontamente copiata dal sottosegretario alla Salute inglese Andrew Lansley, alle prese con lo scetticismo dell’industria (Kfc, Burger King e Pizza Hut hanno già rifiutato la proposta) www.lettera43.it/economia/2088/non-e-grasso-che-cola.htm.
E in Italia? Secondo il depliant “Parla Chiaro” «McDonald's dal 2006 ha introdotto sulle confezioni dei suoi prodotti informazioni sui 5 elementi alla base di una dieta equilibrata: calorie, proteine, grassi, carboidrati e sale». Nei diversi punti McDonald's che ho visitato non ho trovato nessuna indicazione sulle calorie. Queste informazioni si trovano solo sul sito www.persapernedipiu.info.
L'introduzione di una norma analoga a quella delle legge sanitaria di Obama in Italia e in Europa sarebbe certamente utile e dobbiamo lavorare insieme perché questo avvenga.

Si devono introdurre anche norme per limitare la pubblicità televisiva di certi prodotti in certi orari, come ho già detto che avviene in altri Paesi, con buoni risultati.

Io penso che la prima cosa che dobbiamo fare è parlare molto e con coraggio di cibo spazzatura, far entrare questo termine nel linguaggio comune, denunciare con nome e cognome questi prodotti, a costo di essere denunciati da McDonald's o altri, come è avvenuto in gran Bretagna.

Dobbiamo ribadire chiaramente dappertutto, sui media e nelle scuole, parlando con la gente, che l'obesità è una malattia in sé, che genera invalidi ed esclusi, e che chi produce e vende questo tipo di cibo, anche in assenza di leggi limitanti, ha una responsabilità morale negativa enorme.
La salute non è una merce, e anche il cibo non deve essere considerato una merce qualsiasi.

Permettetemi di concludere dicendo che anche l'acqua non è una merce, è un bene comune, difendiamo con forza l'acqua pubblica e partecipiamo attivamente alla campagna referendaria, perché si raggiunga il quorum e il SÌ vinca ai referendum contro la privatizzazione dell'acqua.

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Introduzione di Giuseppe Landonio - Consigliere Comune Milano Scarica la sintesi dell'intervento


Tavola rotonda: La tutela della salute nella grande ristorazione

Patrizia Quartieri - Consigliera Comune Milano Scarica la sintesi dell'intervento

Roberto La Pira - giornalista ilfattoalimentare.it Scarica la sintesi dell'intervento

Michele Riefoli docente e scrittore Scarica la sintesi dell'intervento

Claudia Paltrinieri - rappresentante associazione genitori Scarica la sintesi dell'intervento

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